Complice del successo, oltre
al calibro artistico dei due interpreti di assoluto rilievo nel
panorama della Nuova Musica, anche la scelta antologica dei
brani: compositori storici e contemporanei per spaziare fra i
diversi mondi sonori.
Il concerto si apre con “Dream” (1948) di John Cage, una
semplice linea melodica, sognante e meditativa in cui talvolta
gli ultimi suoni diventano “fermi” in punti di arresto che
Fausto Bongelli sa ben rendere creando sospensione; un breve
brano per lasciare subito la tastiera a Stefano Battaglia, che
fa percepire immediatamente una genuina spontaneità per
assaporare l’ispirazione autentica del momento. E Battaglia
sorprende sin dalla prima nota: alla dolce melodia decantata da
Bongelli, l’improvvisatore risponde con un effetto di tecnica
moderna: una nota del registro grave percossa ma “smorzata”
dalla pressione del dito direttamente sulla corda stessa della
nota. Un esito sonoro davvero particolare che desta subito
magnetismo fondato sul perno acustico in cui si muove la melodia
originale di Cage la cui suddetta percussione diventa un
“ostinato”, cui vengono abbinati via via per contrasto delicati
accordi finemente timbrati. Questa antitesi fra il percosso del
grave e gli accordi si infittisce in un tessuto sempre più
intenso e coinvolgente: ma nel finale riappaiono solo gli
accordi dal carattere sognante in sapienti armonie destinate a
sciogliersi nella linea melodica che era stata eseguita da
Bongelli, sempre più delicatamente….fino a scomparire.
Lo stile futurista con echi gershwiniani caratterizza il secondo
brano di Giacinto Scelsi, “Rotativa” (1929) che Bongelli
interpreta sicuramente in simbiosi con lo spirito del brano in
maniera energica e travolgente, rendendo la giusta oscillazione
perenne dei salti del basso cui si sovrappongono gli accordi
della mano destra in una sorta di rag-time. Dopo pochi istanti
di indugio, Battaglia riprende l’incipit di “Rotativa”
sviluppandolo in una notevole trama contrappuntistica di
sonorità aspre, esaltandole fino all’esasperazione in impetuosi
slanci espressivi. Nella qualità del suo contrappunto
improvvisato si riconosce la sua passata inclinazione bachiana.
Un’atmosfera da “carillion” scende in sala quando Fausto
Bongelli inizia il brano di Arvo Part “Variationen zur Gesundung
von Arinushka” (1977), una melodia dal sapore quasi infantile
resa con grande pathos un controllo di suono sottilissimo e al
tempo stesso dolcissimo del pianista. Il brano è fondato sul
sistema dei “tintinnabuli”, quasi come una culla per chi
ascolta. Prima di entrare nella sua “bolla” e iniziare a far
scorrere musica come un fiume in piena, Battaglia fa permanere
nella sua improvvisazione il carattere dolce del brano
armonizzando alcuni finali di frase quasi a ricordare la figura
del “Maestro raro” di Robert Schumann in chiave moderna, con un
calore che riesce a far vibrare quelle corde nostalgiche che
scorrono in ognuno di noi.
La leggenda irlandese secondo cui la vita nasce dalla marea
emerge nel suggestivo brano di Henry Cowell “The Tides of
Manaunaum” (1917) con un inizio dai toni tetri, quasi macabri,
forse a delineare i meandri più profondi del mare: il primo
suono è la scala di do suonata pianissimo sul registro più
basso, in un cluster in cui cioè tutti i suoni della scala sono
schiacciati contemporaneamente; con questo brano di matrice
descrittiva Bongelli riesce regalare veri e propri fotogrammi.
L’improvvisatore sviscera un ad uno i suoni del tetro cluster
iniziale di cui Cowell è stato "l'inventore" (grappoli di suoni
appunto prodotti dal palmo della mano e dai gomiti ), inserendo
di tanto in tanto qualche tiepido accordo: sembra quasi una
colonna sonora di un thriller in cui proprio qui più di ogni
altro brano la musica, grazie alla bravura dei due pianisti,
svela proprio tutto il suo sublime potere immaginativo.
In contrasto con il carattere della precedente composizione
entra quella del compositore marchigiano Tonino Tesei “In
minimal style 1&2” (1986): spicca da subito una grande motricità,
una sorta di “moto perpetuo” sulle cinque dita su cui piovono in
ritmo contrastante interventi accordali della mano destra, il
tutto reso dal pianista fermano con gran brio e maestria
ritmica. Lo stesso moto viene poi ripreso in forma di alternanza
fra le due mani dove l’interprete sfoggia ancora una volta tutto
il suo milieu tecnico. Un brano sicuramente entusiasmante che
regala un finale a sorpresa con un arresto improvviso. Ottimo
materiale si rivela per Battaglia che riparte dal moto
vivacissimo che però raddoppia da subito con entrambe le mani
fino a condurlo all’esasperazione giungendo ad un finale
impetuoso e pirotecnico anch’egli nell’alternanza delle due mani
con salti a velocità vertiginosa tanto da trasportare il
pubblico in un vortice incandescente.
Chiude il concerto “Dreaful Memories” (1978) di Frederc Rzewsky
tornando ad una musica apollinea: una semplice melodia con
struttura tripartita: la parte centrale si snoda in un simpatico
dialogo giocoso tra le ottave del basso e gli accordi della
destra. E Bongelli si congeda al pubblico terminando
delicatissimo…. Allo stesso modo Battaglia continua nella linea
della dolcezza e dell’espressione scegliendo armonie che creano
atmosfere calde e rilassanti; la parte centrale viene elaborata
in forma quasi jazzistica con sincopati e volatine, sempre in
maniera misurata e mai energica, per riprendere prevedibilmente
la dolcezza iniziale e terminando quasi in un soffio, palesando
l’aspetto labile di questa arte che si dissolve nota dopo nota….
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